martedì 20 novembre 2012

Incipit


Molti anni fa, quando scrivere era ancora un sogno, ed ero solamente un mediocre fotografo, avevo l'idea di pubblicare un libro sui treni della mia vita.
E questa frase potrebbe voler dire qualsiasi cosa.
Ogni volta che salgo su di un treno è come una nascita, e scendendo muori; condensate in poche ore, emozioni di ogni genere. Al di là del vetro, le immagini acquistano spessore, un'identità che chiama per essere meglio osservata, patina nuova su elementi già visti. I paesaggi risultano più appetibili; quando viaggio in treno desidererei vivere ovunque. Gli incontri forzati negli scompartimenti e nelle banchine pulsano predestinazione, e ti scopri con più interesse per il tuo vicino di posto che per quello di casa. Una voglia insana, lo sai, eppure ineludibile, assale te in questi momenti, capire chi, come, perché, scoprirli tutti, condividere chilometri con le loro storie.
Per me è una malattia, lo è sempre stata.
Il mio fantomatico libro d'esordio, così come lo vedevo già rilegato, si componeva di tanti capitoli quante le volte in cui ero salito su di un treno, e di ciascun viaggio narrava il ricordo più assordante. Chiedo scusa già da ora, qualche volta i miei ricordi sono estremamente rumorosi, e il fastidio non è poco.
Poi lasciai perdere, scrissi di un fotografo fallito e feci fortuna; il libro sui treni rimase là, già rilegato, nella mia immaginazione. Lo farò adesso e parlerò solo di un treno, un treno in particolare, quel treno che ha cambiato la mia vita.

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