Molti anni fa, quando scrivere era
ancora un sogno, ed ero solamente un mediocre fotografo, avevo l'idea
di pubblicare un libro sui treni della mia vita.
E questa frase potrebbe voler dire
qualsiasi cosa.
Ogni volta che salgo su di un treno è
come una nascita, e scendendo muori; condensate in poche ore,
emozioni di ogni genere. Al di là del vetro, le immagini acquistano
spessore, un'identità che chiama per essere meglio osservata, patina
nuova su elementi già visti. I paesaggi risultano più appetibili;
quando viaggio in treno desidererei vivere ovunque. Gli incontri
forzati negli scompartimenti e nelle banchine pulsano
predestinazione, e ti scopri con più interesse per il tuo vicino di
posto che per quello di casa. Una voglia insana, lo sai, eppure
ineludibile, assale te in questi momenti, capire chi, come, perché,
scoprirli tutti, condividere chilometri con le loro storie.
Per me è una malattia, lo è sempre
stata.
Il mio fantomatico libro d'esordio, così
come lo vedevo già rilegato, si componeva di tanti capitoli quante
le volte in cui ero salito su di un treno, e di ciascun viaggio
narrava il ricordo più assordante. Chiedo scusa già da ora, qualche
volta i miei ricordi sono estremamente rumorosi, e il fastidio non è
poco.
Poi lasciai perdere, scrissi di un
fotografo fallito e feci fortuna; il libro sui treni rimase là, già
rilegato, nella mia immaginazione. Lo farò adesso e parlerò solo di
un treno, un treno in particolare, quel treno che ha cambiato la mia
vita.
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