La stanza è vuota, già, non c'è
nessuno. Ma la stanza è anche piena, già, è colma di oggetti che
sono di per sé una presenza, una testimonianza della vita che la
impregna.
Dunque, la vuota stanza è in un certo
qual modo piena, una morbida penombra avvolge l'ambiente.
Un appendiabiti all'ingresso è quasi
vuoto, una sciarpa è appesa storta, si sostiene magicamente.
Dietro la porta, uno stendibiancheria, calze
nere e un tappeto sfilacciato. Ti chiedi come si possa aprire. Parlo
della porta.
Due poltrone addossate al muro, una è
rotta, giace nella solitudine dell'inutilità. L'altra raccoglie
oggetti di qualcuno che non c'è.
Sul tavolo, i fiori della tovaglia
chiedono un prato, ma, ahimè, abbiamo solo due pacchetti di
cracker, qualche bicchiere di plastica, un telecomando rotto, una
bottiglia d'acqua piena per metà.
Il divano è vuoto, compatto e rigido,
attende.
La portafinestra non si chiude, è
tenuta accostata da un altro stendibiancheria. Vesti variopinte gridano nel
silenzio, la loro gioia.
Un armadio chiuso. Non sai cosa possa
esserci nascosto dietro.
Un tavolo in un angolo, quieto sopporta
il peso di oggetti per caso. Un ferro da stiro, riviste abbandonate,
una confezione regalo di saponette, biglietti dimenticati, insieme a
tutto ciò che vi era appuntato sopra. Un elenco telefonico di anni
addietro, ancora incartato. Un mazzo di carte dove manca la regina di
cuori.
La TV muta osserva il vuoto. Una
lampada per terra aspetta il momento che qualcuno la pesterà.
Al centro, abbandonate, un paio di
scarpe. Una giace stesa, insolentemente in disordine. E sono proprio
queste due scarpe fuori luogo, che ti fermerai a fissare.
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