domenica 3 febbraio 2013

Vestito leggero


Giunse in stazione vestito leggero, sebbene facesse già molto freddo. Si fermò in un bar a bere un caffè, ed era l'unico senza fretta, l'unico senza valigie, l'unico vestito così leggero.
Bevve il caffè. E lo fece con molta calma, mescolandolo a lungo tra le spinte di chi fretta aveva.
Uscì e si mise a guardare il tabellone.
Rimase molto, con gli occhi inchiodati su quelle lettere luminose. Il terzo treno, quello che giungeva da più lontano, sarebbe arrivato tra trenta minuti. Non c'era ancora il binario, egli attese paziente, mentre il ritardo cresceva.
Dopo mezzora, di attesa ancora mezzora. Comparve un binario. Il diciassette. Si recò là e sedette su una panchina gelata.
Stava immobile, fermo nell'attesa, con quella giacca a vento consumata. Ma non sentiva freddo.
Non sembrava neppure impaziente.
Il treno arrivò. Gran stridore di freni e rumore di vecchiume. Con uno sbuffo le portiere si aprirono e frotte di viaggiatori uscirono fuori. Valigie pesanti, borsoni gonfi, bauli carichi. Chi si sbracciava, chi cercava qualcuno, chi smarrito tentava di liberarsi dalla calca.
Saluti, baci, strette di mano, abbracci a lungo rimandati.
Lui, immobile, li guardava tutti sfilare, sembrava non avesse espressione.
Ancora pochi minuti e la banchina fu deserta. Rimase solo lui e la consapevolezza che, anche oggi, lei non era venuta.
Si avviò verso casa.
Forse non sarebbe venuta mai.

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