Erano biscotti, per la precisione
gocciole. Mi guardavano dal loro contenitore arancione, nuovo nuovo e
bello lucido. Suvvia tutta la cucina era rifinita di arancione quindi
quelle gocciole erano esattamente dove dovevano essere.
Avevo molte cose in quel momento, men che mai fame però, per un arcano e oscuro, quanto prosaico e
ovvio, motivo mi ritrovai a pensare a quale sapore hanno mai le
gocciole.
Non lo sapevo, nella mia mente avevano
molti sapori, ma nessuno in particolare. È forse sbagliato dire
sapori, sensazioni appare più giusto.
Le gocciole erano il tardo raggio di
sole della domenica mattina e il pigiama rosa di una bimba. Un termometro sul comodino e il vecchio vassoio rosso sbeccato, con il
tè ormai tiepido. Le gocciole erano le colazioni da liceale con
l'ansia per il compito e una musica martellante nelle orecchie. Il
sapore del latte che non posso più bere. Le gocciole avevano il
sapore di una città lontana e di una birra con sconosciuti nel
cuore della notte. Le gocciole erano la scrivania della tesi, colma
di appunti e briciole. Erano anche il profumo di un amore lontano, la
penombra quieta di un'angusta cameretta. Furono anche quel viaggio,
chilometri e chilometri nell'autostrada della notte.
Le gocciole del bambino cui davi
lezione, le gocciole con la vecchia amica, rivista dopo tanto.
Prevalse la curiosità e ne assaggiai
una, la porta si aprì in quel preciso momento e lei entrò.
Da allora le gocciole ebbero un solo
sapore, il sapore del suo volto bagnato dalla pioggia.
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