venerdì 5 aprile 2013

L'incubo


Mi sono svegliata con il cuore in tumulto e una leggera nausea. L'incubo aleggiava ancora nell'aria, malgrado ciò non ho acceso la luce, volendo godermelo appieno, non perdere neppure un briciolo di quella brutta sensazione.
Eravamo io e te, al solito. Non nel campo di grano dove ci incontriamo tutte le notti, in tutti i miei sogni, e spero anche nei tuoi. No, non questa volta.
Eravamo su un prato, sulla riva di uno stagno. Uno stagno ben strano a dire la verità. Lindo e limpido, lucente come un mare cristallino.
Un cerbiatto beveva, guardando le nostre persone, giubilo di colori e canto di uccelli. L'amenità di quel luogo era da brivido, nel contrasto con le nostra facce scure.
Mi volevi parlare, lo so, negli occhi te lo leggevo, ma non riuscivi ad aprir bocca, non volevi o non potevi. Non riuscivo a capirlo, con gli occhi mi imploravi di parlare io per te, ma neppure io riuscivo.
Siamo rimasti così a lungo, e nemmeno sfioraci le membra ci era permesso. Vicini e lontani, schiacciati nella morsa di un volere non nostro.
Poi d'un tratto mi son persa in un bosco e tu non c'eri. Cercarti volevo ma la paura m'immobilizzava, sentivo la tua voce chiamarmi, forse era nella mia testa soltanto. A lungo, tra le tenebre, aspettavo e la tua voce mai cessava.
Ancora adesso, e sono sveglia, me la sento nelle orecchie.

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