Anni fa era il mio bar preferito,
abitavo in un'altra città, avevo un'altra vita. Era vicino casa,
quella casa nella stretta via periferica, grigia di cemento,
silenziosa di solitudine.
Il bar era all'angolo, pochi metri dal
mio portoncino. Era un brutto bar, squallido e vecchio, con le pareti
gonfie di muffa.
Era di un ragazzo con più anni di
quelli che dimostrava, lo sguardo paffuto e gioviale di un bambino;
per un periodo ci entrai tutte le mattine, sempre le stesse facce, le
stesse brutte facce.
Era bello fare colazione là, lui
sorrideva sempre a tutti. Qualunque cosa capitasse. Era un ragazzo
molto sfortunato, ogni mattina gliene succedeva una. Lui non si
demoralizzava, continuava a sorridere, tra lo scherno degli avventori.
Mai si dimenticava che nel caffè voglio un goccio di latte. Me lo
versava e sorrideva. Gioviale. Buono.
Poi cambiò tutto, persi il lavoro e
non fu più tempo di fare colazione al bar, ma da lì davanti di
passavo lo stesso.
Non ero più sua cliente, non
importava. Lui sollevava il braccio e sorridendo mi salutava.
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