mercoledì 17 luglio 2013

Sul tavolo


Appare surreale, la situazione tutta.
Un denso odor di fumo impregna l'aria e mi impedisce il lavoro. Ma forse non è quello il fattore principale. Un timer ticchetta lontano e da una parvenza di vita a un luogo di abbandono. Non conto i calcinacci e i rifiuti accanto a me, diverrei matta. Faccio finta che non esistano, così è meglio.
I rumori dall'altra stanza potrebbero provenire da un altro mondo, e per me lo è quasi. Colpi di martello, passi ovattati, voci di donne. Forse. Non mi interessa.
Su questo tavolo cui mi appoggio, vita quotidiana alla rinfusa. Parti di un futuro, parti di un passato, oggetti di passaggio che non inquadrano "l'ora". Due bottiglie d'acqua, un bicchiere sporco, un rotolo di scotch, biglietti da visita in carta sottile, una plafoniera, un portamonete turchese, un libretto di istruzioni, forbici, un portacenere annerito dal tempo e qualche foglio di appunti. I fogli sono miei, tutto il resto mi sfiora come vento lontano.
Scrivo, ma il mio scrivere è solo un attendere. Attendo qualcuno, attendo il momento, attendo le idee.
Il sole va giù, inesorabile come suol fare, e alla mia porta ancora non ha suonato nessuno. Chissà se mai lo farà.
Cercare di capire se attender ancora è utile o no.

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