domenica 28 ottobre 2012

Emma

Si chiamava Emma, la donna affacciata alla finestra. Quella casa laggiù, in fondo al paese. Emma, la lattaia. Veniva chiamata così perchè tutte le mattine scarpinava fino alla casa del fattore, sul ripido pendio e, con a prestito il suo calesse, distribuiva il latte appena munto, nelle abitazioni della valle.
Emma la lattaia era giovane, ma sapeva il fatto suo. A quei tempi era necessario.
Giungevano, al di là delle sue spalle, forti rumori di martello; suo marito falegname aveva la bottega annessa alla piccola casetta. Matteo si chiamava, ma tutti lo conoscevano come l'Orbo. Non starò a spiegarvene il motivo.
Emma sparì e chiuse le imposte dietro a sè.
In quei giorni la loro era una dimora felice; Emma era una giovane donna felice, e la sua era una di quelle felicità limpide e lampanti che niente può nescondere o demolire. Il rotondo viso, arrossato dal sole e dalla vita sui monti, sempre solare, sempre ridente. Era robusta, una sana corporatura forte delle contadine giovani, con le spalle possenti e il fazzoletto sulla nuca. Irradiava una bellezza particolare, tutta sua, una bellezza di buon cuore, una bellezza gioviale, una bellezza materna. Non perderò molto tempo a dirvelo, Emma era molto amata.
Non era passato un anno dal suo matrimonio con l'Orbo, che molti bisbigliavano la sua scelta. Si vociferava che il fattore voleva portarla a nozze, era vedovo ma ancora giovane, la giovane Emma avrebbe fatto un salto nella scala sociale, ma si rivelarono solo voci, e lei accettò la proposta di Matteo. Il falegname oltre a essere molto più vechio di lei e orbo, aveva una salute cagionevole e delicato di corpuratura. In contro era un uomo onesto, gentile ed educato, per di più un gran lavoratore.
La coppia era serena, mi correggo, per quell'anno fu serena, e molto. Sebbene la guerra perdurasse da anni, loro, tra i monti, se la passavano bene.
Poi arrivò il 7 Maggio, e con esso una nuova chiamata alle armi. Anche l'Orbo dovette partire, abbandonò i suoi attrezzi, baciò la moglie e disse che sarebbe stato presto di ritorno.
Dopo poco la prima lettera, lui la lesse sicuro, poichè la risposta, nella traballante grafia da semianalfabeta non si fece attendere. Emma lo informava che era in dolce attesa. Le donne giù al lavatoio, le mani vizze e fredde, davano i consigli della loro maggiore esperienza. La pancia crebbe ed Emma scrisse ancora. Anche questa volta la risposta non tardò. La condussero dall'indovina del paese, mezza erborista e mezza pazza, che vide un maschietto nel giovane corpo.
Il parto si preannunciava imminente ed Emma scrisse ancora, la risposta tardava, lei non cedeva, può essersi persa, pensava. Partorì, con solo la levatrice del paese al suo fianco e una seconda lettera non ebbe risposta. Emma attendeva, fiduciosa, mentre tutti in paese le consigliavano di desistere; aveva un bel bambino tra le braccia, doveva essere fiduciosa. Quel bambino ero io.
Caddero le foglie e le sue illusioni le seguirono; un inverno rigido si preannunciava, sarebbe stato un duro inverno, per la giovane. Fu il buon fattore a dare una mano a mia madre, prendendola in casa come domestica.
E gli anni iniziarono a passare placidamente.

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