mercoledì 31 ottobre 2012

Quello strano pescatore

OGGI NOCE STANCA, IL RE DEL MARE E MOLTO FURIOSSO
La prima e una delle pochissime scritte di Marino.
Andò così.
Era di nuovo inverno e, per il secondo anno di fila, inverno voleva dire freddo, pioggia e vento.
I vecchi dicono che, ai loro tempi, le stagioni erano più miti, frottole, si sono scordati diverse annate, a quanto mi risulta. In quella, di mite, c'era ben poco.
Pioveva, come se tutta l'acqua del cielo dovesse abbattersi su di noi in una sola notte, il vento non era troppo freddo ma implacabile, il mare in bufera. Ogni tanto mi sembrava che le onde mi entrassero nel bar, magari si sarebbero portate via quel vecchio biliardo.
In tale sera, erano tutti rintanati nelle loro casette, fatta eccezione per qualche incallito di TV, che, evidentemente, non ne possedeva ancora una, seduto nella seconda sala.
Ai tempi c'era ancora quella piccola in bianco e nero, che trasmetteva solo se di buon umore.
Una testa sbucò da dietro il vetro, ho tempo di vederlo e riconoscerlo, ma è solo un attimo, poi il vecchio Marino fece il suo ingresso, pulce bagnata. Prima aveva controllato che non ci fosse troppa gente, con il locale pieno non entrava mai.
Almeno in quegli anni era cosi, poi, sposandosi, è diventato meno eremita, ma di poco.
"Scusa se ti infradicio tutto."
Si scusò con quel modo impacciato di rivolgersi alle persone, che non è migliorato molto; poi mi stupì. Ancora non sapevo che negli anni mi avrebbe continuato a stupire. Si avvicinò al Diario e scrisse la sua frase. Aveva una grafia storta e incerta, da bambino.
"E scusa se c'è qualche errore ma non sono mai davero andato a scuola."
Abbozzò uno dei suoi rari sorrisi, era più un ghigno che un sorriso ma, dificilmente mi crederete, i suoi sorrisi erano rassicuranti.
Era infreddolito, lo si vedeva bene, nonostane il suo piccolo corpo abituato a ogni intemperia. Preparai un tè, per me e per lui, e mi accostai per ascoltarlo. Si trattava di una delle rare occasioni in cui era propenso a parlare, di sè voglio dire.
Marino era un uomo senza amici, credo di essere stato l'unica persona che più si avvicinava a quel ruolo, nella sua vita. Dico uomo anche se non credo arrivasse alla trentina, lui era uno di quelli che la giovineza non sapeva come fosse fatta, nè ove si nascondesse.
Di questo strano personaggio sapevo ben poco, almeno della sua vita passata.
Viveva solo, in una delle case più vecchie di Laguna, quelle al limitare sud, tutte in legno, avete presente? Non vi sono mai andato ma là si assomigliano tutte, le poche rimaste in piedi, piccole, umide e scalcinate. Credo fosse orfano da molti anni, perchè mai ho visto i genitori, tantomeno sentiti rammentare. Suo padre, questo sì, era un pescatore, aveva trasmesso al figlio l'amore per il mare e per le sue leggende.
Marino non pescava, come faceva la maggior parte, da molti anni, sui grandi pescherecci ormeggiati al porto; no, lui ogni mattina partiva con Noce, la piccola barca a remi paterna, e buttava la sua ancora solitaria.
Ignoro anche come e a chi vendesse i pesci pescati, però, ogni sera, lasciava il suo piccolo gioellino vicino al mio bar, come pochi altri facevano, e rimaneva, se il tempo lo consentiva, ad annusare il suo mare.
Tornava a casa poche ore, uno degli uomini che dormiva meno di me; in quella casa che mi immagino odorosa di muffa, e, prima dell'alba, era già a largo, lui e la sua misera canna. Spero non avesse dato un nome anche a questa.
A nessuno sarebbe mai passato per la mente di rubare il suo vecchio gioiellino, ridotto a una bagnarola.
"Noce non ce la fa più."
Era affranto, come se parlasse di una persona, non di una barchetta da due soldi.
"Ogni pochi giorni devo riparare qualche falla, il legno è provato. Ho anche tentato di portarla da Gabriele, quello dell'officina navale."
Lungo silenzio. Attesi. Con Marino non si deve chiedere, si ammutolirebbe di colpo.
"Gabriele ha parlato molto della moglie, che è di nuovo incinta, e mi ha consigliato, dopo ciance vane, di cambiarla."
Altro silenzio. Mi diede il tempo per un rapido conto mentale. Ancora incinta? Deve essere il quarto o il quinto, ormai. E solo pochi anni più di me.
"Lui non sa che mio padre mi insegnò a pescare da sopra Noce, la cambierò quando cadrà a picco."
Per lungo tempo si dedicò al suo tè, ormai freddo, poi cambiò, d'un tratto, argomento.
"Hai visto il tempo di oggi? È un vento strano, un vento che si alza molto raramente."
Aveva ragione, io non sono mai stato uomo di mare, e di venti ne so poco, ma per quel poco qui abbiamo di solito caldi venti da est o sudest, proprio al massimo quelli umidi da suovest. Quello soffiava da norest, non ricordavo un vento simile; non importava molto, credo di avervi già spiegato come è la mia memoria.
"È il vento dell'ira del Re del Mare, soffierà per tre giorni poi svanirà nel nulla, di colpo."
Mi narrò la leggenda.
Il Re del Mare è ghiotto di pesci e ha i suoi allevamenti personali, nel fondo degli abissi. Sono pesci magici, più buoni di tutti gli altri e con lische che spariscono da sole con la cottura, sono sani e forti. Uno di quelli può sfamare una famiglia una settimana. Sono la più grande prelibatezza esistente, ma nessun pescatore desiderebbe mai tirarne su uno.
Talvolta, un pesce magico sfugge all'allevamento del Re e finisce nella rete di uno sventurato. Il poverino si dibatterà nel letto per tre giorni, in preda ad atroci dolori, mentre il Re soffierà la sua collera infinita, da nordovest, facendosi sentire da tutto il paese dello sventurato. Dopo tre giorni, in cui nessun pescatore avrà preso niente, la sua ira si placherà all'improvviso, il pescatore sventurato potrà rimettersi in piedi, senza patire le pene più tremende, il vento calerà all'istante e la pesca riprenderà.
Questa mattina qualcuno di noi ha avuto una pesca infruttuosa, non vorrei mai essere nei suoi panni.
Il vecchio Marino sapeva raccontare leggende, eccome. Tutta la goffaggine spariva all'istante ed era capace di farti sognare. E, in più, ne era il massimo conoscitore in paese, io rimango segretamente convinto che Marino cerdesse realmente all'esistenza del Re del Mare. Molti Laguni venivano a cercarlo per le sue storie, lui ne era orgoglioso.
Una sera mi disse che era bello consolare le persone con le storie. Aveva questo strano istinto qui, anche se non capiva gli altri uomini, non riusciva a penetrare i loro sentimenti, ma sapeva che le sue leggende avevano un potere lenitivo, o forse la sua voce, e gli piaceva narrarle.
"Le leggende me le narrava mio padre. Volevo bene a mio padre."
Ed era il volevo bene più infantile e dolce che avevo mai sentito.

Nessun commento:

Posta un commento