Uno dei due ragazzi ha la felpa verde,
neri riccioli, sta giocando con una barchetta di carta fina. Una
folta barba nasconde il volto quasi infantile. Una cuffietta
all'orecchio, l'altra è per il suo compagno, batte il piede a tempo,
canticchia una melodia allegra.
Il suo compagno quasi dorme, appoggiata
la testa sul vetro del finestrino, gli occhi socchiusi. Azzurra la
felpa e azzurre le scarpe. Ha corporatura robusta, un tatuaggio da
cattivo sull'avambraccio e lunghi capelli biondi. Nonostante ciò è
tenero, nella sua ostentata sicurezza da adolescente.
Siamo partiti insieme, da una sperduta
stazione. Io con il mio carico di pensieri, loro con la loro vociante
allegria; io ancora lavoro da sbrigare, loro con i racconti delle
loro avventure; io senza più fretta, loro con l'adrenalina
dell'impazienza.
Il treno è in viaggio da alcune ore,
dopo il tramonto, questa buia sera autunnale ci ha inghiottito con la
sua pioggia, fredde luci distanti illuminano a giorno la carrozza.
Luci cattive che mettono a nudo le anime, le luci della solitudine.
Tra poco scenderemo, ho fatto chiaro
nei miei pensieri, ho finito il mio lavoro, mi sono messa comoda. I
ragazzi hanno perso il loro colore, il loro vociare, la loro
esuberanza. Aspettano stretti nelle loro poltrone, confortati dalla
loro musica, iniziano a sentirsi piccoli in un mondo troppo grande,
iniziano a capire che quel mondo di cui fino a ieri erano i padroni
non è l'unico mondo.
Mi dispiace, ragazzi, il capotreno ha
fischiato, devo scendere, dovete scendere, dobbiamo scendere, il
domani è arrivato e voi, e io, e tutti, come sempre, siamo
impreparati.
Anch'io spesso fantastico sulle persone che non conosco :)
RispondiElimina:)!
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