giovedì 22 novembre 2012

una scelta


Tra le mie molte convinzioni, c'è che ciascuno di noi sa, quale è stato l'ultimo momento dell'infanzia, ciascuno conserva per tutta la vita il ricordo dell'attimo, della stagione, dell'avvenimento in cui ha avuto la consapevolezza di essere ormai cresciuto. Nella mia vita la differenza tra il Michele bambino e il Michele giovane uomo vive in un'estate, l'estate della maturità.
È stata la prima estate diversa da quelle che avevo vissuto fino a quel momento, è stata la prima estate che non trascorso insieme al mio amico Carlo.
Qualcosa era cambiato, non potevamo più essere i due adolescenti sognatori e idealisti, dovevamo affrontare la vita vera. Mentre io studiavo per gli esami, Carlo era partito per il suo primo torneo importante, a Parigi. Solo dieci mesi prima, seduti sulla sabbia a guardare il tramonto, potevamo crogiolarci in decisioni fini a sè stesse.
Il ragazzino timido, il cuore d'oro e le passioni strampalate che si tiene alla larga dal mondo, e il suo amico che ama il mare, credendo, come l'altro, di voler vivere senza accettare compromessi, non esistono più; al loro posto due giovani uomini, alle prese con le prime vere scelte.
La prima estate senza Carlo, mi sentivo solo in sua assenza, avere tanti amici non bastava, il rapporto genuino che avevo con lui non era replicabile. Ero tuttavia immerso nello studio, volevo uscire con il massimo dei voti, per rendere mio padre fiero di me, almeno una volta nella vita, vederlo sorridere. Avevo preso l'abitudine di studiare in spiaggia, dando un aiuto al vecchio Gaspare, il guardiano del litorale. È una cosa che ho continuato a fare per anni, andare ad aiutarlo appena avevo un attimo di tempo, fino a che non è andato in pensione. A causa mia.
Per me era solo un piacere, capite?
Carlo venne solo qualche giorno, fine Giugno, poi ripartì e ricominciò i suoi allenamenti. Lo vedevo limpidamente, anche lui non era più un ragazzo, aveva preso la sua strada. Fosse rimasto di più, magari la mia vita sarebbe stata diversa, almeno in quegli anni. Il mio amico, seppur più giovane di me, era già più maturo.
Così non andò, sono costretto a narrarvi quali furono i fatti, prendendo io tutte le responsabilità di ciò che avvenne. Ancora non avevo finito di dare gli scritti che comparvero, in casa, quiz di preparazione per l'ammissione al test di medicina.
Io non chiesi niente, lui neppure disse niente; preso il diploma iniziai ad esercitarmi su questi. Ne parlammo solo una volta, nel corso dell'estate.
"Il test è il 7 Settembre."
La notizia mi colpì appena uscito dalla doccia, lui, pipa in mano, stava per uscire a passeggiare. Il persiano di turno ci guardava, indifferente.
Non avevo mai creduto di studiare davvero medicina, prima di quel momento, ma non mi opposi. Ancora ora mi chiedo il perchè. Potrei dare la romantica spiegazione che tentavo di riscattare la memoria di mia madre attraverso la mia persona. Molto commovente, purtroppo, potevo ingannarmi, a quel tempo, adesso sono decenni che non mento a me stesso.
Fu tutto più prosaico e meno sublime.
Mi lasciai trasportare.
A fine estate tornò di nuovo Carlo, per un saluto. In quei pochi mesi era diventato un uomo, la decisione di abbandonare tutto per dedicarsi solo al tennis gli aveva mutato lo sguardo. Fino all'ultima volta che l'ho visto fu accompagnato da quello sguardo e da quella determinazione. Lo sguardo di un uomo che crede in sè stesso, lo sguardo di un uomo in pace con sè stesso.

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