Tra le mie molte convinzioni, c'è che
ciascuno di noi sa, quale è stato l'ultimo momento dell'infanzia,
ciascuno conserva per tutta la vita il ricordo dell'attimo, della
stagione, dell'avvenimento in cui ha avuto la consapevolezza di
essere ormai cresciuto. Nella mia vita la differenza tra il Michele
bambino e il Michele giovane uomo vive in un'estate, l'estate della
maturità.
È stata la prima estate diversa da
quelle che avevo vissuto fino a quel momento, è stata la prima
estate che non trascorso insieme al mio amico Carlo.
Qualcosa era cambiato, non potevamo più
essere i due adolescenti sognatori e idealisti, dovevamo affrontare
la vita vera. Mentre io studiavo per gli esami, Carlo era partito per
il suo primo torneo importante, a Parigi. Solo dieci mesi prima,
seduti sulla sabbia a guardare il tramonto, potevamo crogiolarci in
decisioni fini a sè stesse.
Il ragazzino timido, il cuore d'oro e
le passioni strampalate che si tiene alla larga dal mondo, e il suo
amico che ama il mare, credendo, come l'altro, di voler vivere senza
accettare compromessi, non esistono più; al loro posto due giovani
uomini, alle prese con le prime vere scelte.
La prima estate senza Carlo, mi sentivo
solo in sua assenza, avere tanti amici non bastava, il rapporto
genuino che avevo con lui non era replicabile. Ero tuttavia immerso
nello studio, volevo uscire con il massimo dei voti, per rendere mio
padre fiero di me, almeno una volta nella vita, vederlo sorridere.
Avevo preso l'abitudine di studiare in spiaggia, dando un aiuto al
vecchio Gaspare, il guardiano del litorale. È una cosa che ho
continuato a fare per anni, andare ad aiutarlo appena avevo un attimo
di tempo, fino a che non è andato in pensione. A causa mia.
Per me era solo un piacere, capite?
Carlo venne solo qualche giorno, fine
Giugno, poi ripartì e ricominciò i suoi allenamenti. Lo vedevo
limpidamente, anche lui non era più un ragazzo, aveva preso la sua
strada. Fosse rimasto di più, magari la mia vita sarebbe stata
diversa, almeno in quegli anni. Il mio amico, seppur più giovane di
me, era già più maturo.
Così non andò, sono costretto a
narrarvi quali furono i fatti, prendendo io tutte le responsabilità
di ciò che avvenne. Ancora non avevo finito di dare gli scritti che
comparvero, in casa, quiz di preparazione per l'ammissione al test di
medicina.
Io non chiesi niente, lui neppure disse
niente; preso il diploma iniziai ad esercitarmi su questi. Ne
parlammo solo una volta, nel corso dell'estate.
"Il test è il 7 Settembre."
La notizia mi colpì appena uscito
dalla doccia, lui, pipa in mano, stava per uscire a passeggiare. Il
persiano di turno ci guardava, indifferente.
Non avevo mai creduto di studiare
davvero medicina, prima di quel momento, ma non mi opposi. Ancora ora
mi chiedo il perchè. Potrei dare la romantica spiegazione che
tentavo di riscattare la memoria di mia madre attraverso la mia
persona. Molto commovente, purtroppo, potevo ingannarmi, a quel
tempo, adesso sono decenni che non mento a me stesso.
Fu tutto più prosaico e meno sublime.
Mi lasciai trasportare.
A fine estate tornò di nuovo Carlo,
per un saluto. In quei pochi mesi era diventato un uomo, la decisione
di abbandonare tutto per dedicarsi solo al tennis gli aveva mutato lo
sguardo. Fino all'ultima volta che l'ho visto fu accompagnato da
quello sguardo e da quella determinazione. Lo sguardo di un uomo che
crede in sè stesso, lo sguardo di un uomo in pace con sè stesso.
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