Al grande albero c'era appesa
un'altalena. Era la sua. Per ore si dondolava, scorrevano i
pomeriggi, passavano le stagioni, quell'altalena era sempre con lui.
Qualsiasi problema l'altalena lo
risolveva. La mamma arrabbiata, le note della maestra, la minestra
cattiva. Non importava, piegava le gambe e andava più su.
Si sentiva vivo, dimenticandosi di
esserci. In mezzo ai fiori in primavera, sotto il sole dell'estate,
nel vento dell'autunno, con il freddo dell'inverno.
Poi comparvero le scatole e casa sua
pian piano si svuotò, parlavano i genitori di cose che non capiva.
Si rifugiava sull'altalena e stava bene, quello che non capiva non
esisteva più
lo fecero salire in macchina, vedrai
che bella la casa nuova. Era vero, era bella, era in una città
diversa, più grande e più bella ancora. Ma non c'era l'altalena,
pianse un poco, i primi tempi, poi non ci pensò più.
Si era rassegnato, ma non aveva dimenticato.
Divenne grande ed ebbe un figlio, e la
casa divenne troppo piccola. Comparvero nuovamente le scatole e lui e
la moglie parlarono di cose che il bambino non capiva.
Tornarono nella vecchia città, in una
casa vicino all'altalena.
Il bambino era cresciuto con i
videogiochi di guerra, non ci volle mai salire.
Gli faceva paura.
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