venerdì 10 maggio 2013

Campi di grano

- Fai la doccia o la faccio prima io?
-Tu devi ancora finire?
-Io posso andare avanti ad oltranza.
-Allora falla, poi vado io.
-Il bagno è freddo?
-Che stronza, vado.
E lei rimase là, senza sapere che fare, attendendo il suo turno e il bagno caldo. Il cane le si accoccolò sulle ginocchia, e pelosamente iniziò a russare. Lei prese in mano un libro ma non lo aprì, rimase un poco a fissare la copertina.
Lo aveva trovato in cantina qualche giorno indietro. Era in inglese, non sapeva a chi fosse appartenuto prima. L'immagine di copertina recava una bimba che correva su di un prato. Una gonna rossa e due trecce al vento. Bionde.
Le ricordava di sé e di quelle pazze corse dietro a rumori che non esistevano. Lei e Giorgio, il suo vicino di casa, due biciclette sporche di fango. Giorgio che correva con i cani e si arrampicava sugli alberi, lei che intrecciava margherite andava sull'altalena. Era bello essere bambini in campagna, tanti anni fa. Era bello crescere insieme al grano che matura, e ogni anno di nuovo. Era bello essere giovani e camminare al tramonto.
Poi Giorgio andò in America, lei via lontano e non si videro più. Cosa le mancava? Giorgio, la gioventù o i campi dorati? O i sogni lontani dimenticati da tempo?
Adesso rimanevano rughe di mezz'età e un uomo difficile, che c'era e non c'era, accanto a lei. Forse Giorgio la avrebbe potuto ritrovare. Chissà.
Lui uscì dal bagno, immerso nella spugna blu e fece in tempo a sentire il rumore della porta e sul divano rimaneva la forma di lei. Come saluto quel libro in inglese senza un padrone.

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