lunedì 27 maggio 2013

Consapevolezza


Era un giorno particolare, qualcosa nell'aria lo diceva. Eppure era iniziato come molti altri.
Giuseppe spense la fastidiosa sveglia e scese dal letto, bevve il caffè nell'angusta cucina tremando per il freddo.
Quando scese in strada una pungente pioggerella autunnale era là ad accoglierlo, prese tuttavia la bicicletta e pedalò fino all'ufficio.
La mattina trascorse lenta e inconcludente. come ormai era divenuta l'abitudine, non riusciva a focalizzare l'attenzione su niente se non su lei che, ahimè, non c'era più. Però Giuseppe non lo aveva ancora accettato, non comprendeva, continuava ad attendere qualcosa. Sapeva che la situazione sarebbe cambiata, sapeva, che parolone.
A pranzo si fermò con alcuni colleghi che conosceva poco, la conversazione languiva, tutti nei loro pensieri. Lui piluccò appena la sua insalata, giocò con il mais, guardò il rosso intenso dei pomodori.
Il caffè lo bevve amaro, e l'amaro lo trovò pressoché digiuno.
Nel pomeriggio le cose non andarono meglio, il digestivo a stomaco vuoto gli aveva lasciato una certa spossatezza e un cerchio alla testa che lo distraeva.
Attese le luci della sera e tornò a casa con la solita pioggerella del mattino. Prese una strada particolarmente lunga zigzagando tra vicoli e stradine del centro. Posticipava il momento di tornare a casa, il momento di rientrare nel piccolo appartamento all'ultimo piano, dove nessuno lo attendeva più.
Qualcosa sarebbe cambiato, lo sentiva, era come se una voce gli consigliasse di attendere la consapevolezza ancora un po'. 
Non era più certo che uscire da quell'etereo stato fosse un bene. Anzi.

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