Nell'affollata strada serale un uomo si
confonde tra gli altri; cammina agile, passo dinoccolato, lo sguardo
fisso al suo obbiettivo. La mascella serrata contorce in una smorfia,
quel viso assai bello. Bello sì, ma un bello antipatico, snervante,
una bellezza presuntuosa che di armonico non ha nulla.
Attraversa la strada senza guardare,
urta i passanti e non si volta, è inghiottito dai rumori ma non vi
presta caso. Sembra assorto nei suoi pensieri ma non è così,
rimugina i suoi pensieri, il che è diverso.
Molto diverso. È cattivo.
Lui è Giacomo, un uomo triste, un uomo
che, nonostante il suo grande successo, è insoddisfatto. Dopo quel
primo grande boom, e a quei tempi era solo un ragazzo di talento,
l'escalation alla fama non si era fermata, una belva che ha sentito
l'odore del sangue; quanti viaggi, quanti scatti, quante
soddisfazioni, lui non era mai pago.
Ricordava tutti i sorrisi alle
premiazioni, quei gesti così meccanici per mascherare il suo
disprezzo verso gli altri fotografi. Ogni premio, ogni applauso, ogni
sorriso era un gradino in più. Lui doveva diventare il migliore. La
gloria avrebbe cancellato quel senso di vuoto che sentiva da sempre,
avrebbe sopperito alla sua solitudine. Avrebbe preso una rivincita
verso coloro che non lo avevano mai amato, verso coloro cui non era
mai riuscito a farsi amare. Avrebbe dimostrato di essere il più
grande.
Solo quello voleva.
E ci stava riuscendo? Ovvio, che ci
stava riuscendo; anzi, durante il suo ultimo viaggio negli States,
aveva conosciuto la più dolce e sexy ragazza americana e l'aveva
sposata.
Lui non era solo bravo, era bello, e
fortunato. E nuovamente si rodeva per riuscire a fare invidia agli
altri fotografi. I neri capelli si erano ingrigiti per lo stress, ma
si consolava bene; la sua bellezza non veniva sminuita, brizzolato ed
occhi azzurri, evocava un certo fascino.
Neppure trent'anni, una villa da sogno,
un matrimonio da film, e continuare a girare il mondo per aumentare
fama e soldi. Non bastava mai.
Già a quei tempi non era felice,
doveva ammetterlo, sarebbe stato questione di mesi, forse anni, prima
o poi avrebbe raggiunto il massimo successo, quello che desiderava.
Continuava a porsi obbietivi, raggiungerli, ed ecco che altri
apparivano davanti, una corsa folle senza fine.
Poi... quel grande errore!
Ilary, la mogliettina a stelle e
strisce, sembrava così triste per tutte quelle assenze, per dover
rimanere sempre al secondo posto, per quell'insensata e continua fame
di gloria che lo accecava in tutto il resto. Decise di lasciare la
vita da free lance e farsi assumere nella redazione del miglior
mensile della città. Le riviste se lo contendevano, quasi un piacere
sessuale.
Si era convinto di ambientarsi bene.
L'ultimo arrivato e già tra i primi
per importanza, gli altri fotografi che non valevano nemmeno il suo
alluce sinistro, giornalisti che lo avrebbero pregato di curare i
loro pezzi... Illuso; quella bramosia, che neppure prima si spegneva,
adesso bruciava di fiamme infernali.
In più Ilary non sembrava troppo
felice per il cambiamento.
Tornava a casa e si chiudeva nella sua
piccola palestra domestica, o in uno dei suoi studi, cercando di
placare quel fuoco e di capire perché quella stupidella della moglie
era triste. Lei, intanto, lo sentiva rincasare, ma non poteva godere
della sua compagnia, e ancora più triste l'espressione si disegnava
nel suo volto.
Infine, la redazione; Giacomo non la
sopportava più.
Si ostinava a lavorare da solo, teneva
lontani tutti, non si piegava alle richieste dei superiori, litigava
con il direttore, considerava i colleghi poveri idioti, preoccupati
solo dalle loro piccole banalità; la cena di redazione, i regali di
Natale, la partita di calcetto, senza pensare a quello che è davvero
importante, la fama e il successo.
Pochi mesi, lui è già allo stremo.
Quasi giunto a casa, un isolato o poco
più, un sorriso si apre sul quel volto sempre teso, accelera
l'andatura, si concede il lusso di fischiettare; un idea ha appena
preso forma nella sua mente.
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