"Ci hanno prese?"
"No, abbiamo passato soltanto la
prima selezione."
Rosa in visibilio, Sara sinceramente
felice, più per lei che per sè stessa, non poteva permettere che
l'amica si facesse grandi illusioni.
"Domani sapremo davvero se è
andata bene."
Rosa annuì, aveva ripreso colore ma
non ancora la voce. Era come un sogno, uno splendido sogno.
Insieme le amiche s'incamminarono,
lasciandosi alle spalle il vecchio teatro. Sara doveva andare alla
scuola di ballo perché il lavoro l'attendeva, mentre Rosa non poteva
tornare ancora a casa poiché i genitori la credevano al salone di
bellezza ancora per un paio di ore.
Si diresse al bar "Trentatre"
dove lavorava Marco, un ragazzo che le piaceva molto. Si conoscevano
da anni ma non avevano un vero e proprio rapporto di amicizia. Rosa
era sempre stata convinta di non essere abbastanza interessante per
lui, ma quel giorno era diverso. Quel pomeriggio estivo la ragazza
aveva la sicurezza di sé che le era mancata per il resto della vita.
Erano ancora le quattro, poteva andare là, il bar sarebbe stato
quasi vuoto a quell'ora e dirgli, sai, ho fatto un provino per
entrare nel corpo di ballo i uno spettacolo teatrale e mi hanno
preso. Da Settembre girerò l'Italia con la tournee di Romeo e
Giulietta. E lui finalmente le avrebbe dato ascolto. Poi gli avrebbe
potuto raccontare che le ragazze quella mattina erano tantissime e
quasi tutte professioniste. Lei era molto emozionata ma riuscendo
comunque a mostrare il meglio di sé era stata presa.
Vagheggiando si diresse a grandi passi
verso il bar.
Non era assolutamente vero che era
entrata nel cast, non ancora, ma una piccola soddisfazione era
arrivata, la sua rivalsa iniziava il cammino. Basta sentirsi
inferiore a tutte quelle ragazze che, come Viola, erano sempre capaci
in tutto e ovunque suscitavano stima e ammirazione. Adesso anche lei
aveva dimostrato di aver talento, finalmente le sue passioni non
sarebbero considerate frivolezze.
Entrò al "Trentatre" e senza
vedere nulla davanti a sé, se non un palco illuminato, si diresse al
bancone. Marco era là, parlava concitato con una mora altissima dalle
curve innaturali. Lei continuava a ridere come una sciocca alle
parole del barista, e lui non riusciva a toglierle gli occhi di
dosso. Non chiese neppure un caffè ed uscì.
Nuovamente una rabbia scura iniziò a
farle vibrare l'animo, ma era una rabbia diversa a quella cui era
abituata. Prima c'era l'impotenza di non riuscire a dimostrare le sue
capacità, adesso no. Adesso che finalmente la sua autostima aveva
qualcosa su cui far leva, nuovamente si vedeva sopraffatta da una
ragazza che era più appariscente di lei ma sembrava a tutti gli
effetti un oca, adesso la sua rabbia aveva il sapore amaro della
consapevolezza.
Aspetta Rosa, sembrava dirle la sua
rabbia, aspetta, poi vincerai.
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